L’Opera al cioccolato – Una ricetta

«Non amo la cucina francese», dissi a una collega, una di quelle persone che detengono la verità e che vogliono avere ragione a tutti i costi. E modi dalla femminilità assai moderata.

Detta la frase, mi morsi la lingua subito dopo.

La signora prese la sigaretta fumante che pendeva dall’angolo della bocca e mi fulminò con un’occhiata da quattordici milioni di volt.

«Ma che caaazzo dici!», accompagnando la frase, non proprio da fanciulla sullo scalone al ballo delle debuttanti, con una imperiosa oscillazione della mano, a dita congiunte, davanti il naso.

E continuò:

«Sai che quella francese e quella cinese sono cucine codificate?»

Io dissi una sciocchezza, come la maggior parte delle generalizzazioni lo sono, ma la frase della mia rustica collega non fu meno sciocca.

«Ma che c’entra questo? Io parlo dei miei gusti. E se è per questo, la cucina cinese non mi piace per niente», risposi per farle maggior dispetto.

A proposito di cibo e di circostanze francesi, uscì dalla mia bocca un’altra sciocchezza. Di questa, però, sono tuttora molto orgoglioso.

L’occasione fu una gita scolastica a Parigi nel 1982 come insegnante accompagnatore.

Mangiai tra il male e il malissimo, escludendo un gigantesco panino al Marché aux Puces fatto con un ottimo pane, farcito con patate fritte e salsicce di montone.

Mangiai il malissimo una sera che decisi di cenare con i ragazzi al ristorante offerto dal pacchetto della gita.

Mi trovavo una ragazzina di quinta ginnasio ovunque, simpatica ma invadente, blesa come me nella erre.

E pvofessove di qua e pvofessove di là.

Da dietro mi copriva gli occhi con le mani:

«Chi sono, pvofessove

«Sei Mavinavdi»

«Bvavo pvofessove, come ha fatto a indovinave

Durante l’orribile cena parigina la Marinardi mi stava seduta accanto. Servirono dapprima una zuppa liofilizzata con qualche crostino, seguì una wiener schnitzel molliccia con un contorno di spaghetti scotti, sconditi, grossi quanto un ferro da calza, sicuramente gettati nell’acqua fredda. Io non sono schizzinoso, ma quella roba era pressoché immangiabile. La cosa giusta sarebbe stata piantare tutto e andare in giro per cercar miglior fortuna, pure da McDonald’s. Non lo feci perché ero assai stanco, affamato e volevo andare a dormire. Escogitai un espediente. Per coprire la sensazione di incommestibilità, condii gli spaghetti con olio e sale, poi feci piovere pepe nero a volontà su tutto per ingannare le papille gustative.

La strategia non passò inosservata.

«Pvofessove, utilizza sempve così tanto pepe?»

Pensai tra me e me «che mal fec’io?». E mi sforzai di essere cortese.

Così risposi senza pensare:

«No, solamente a Pavigi»

La risposta scema fu efficace. La Marinardi replicò con un semplice

«Aaaaah».

Forse mi prese per scemo. Oppure era scema lei, considerato che si saziò di quella risposta.

La cena terminò con un gelato alla vaniglia. Una Viennetta sarebbe stata di gran lunga migliore.

Non ricordo di aver mai cucinato ricette francesi, con buona pace della mia belligerante collega, né credo che possa essere considerato «piatto francese» una cosa squisita, ma elementare, come il roquefort sbriciolato sulle patate bollenti.

Ho utilizzato, invece, ricette francesi per fare dolci, traendole da un bel libro di un famoso pasticcere di Lyon, Maurice Bernachon, che porta il titolo La passione del cioccolato. Un libro-ricettario che si onora della prefazione del famoso saggista Jean Paul Aron.

I dolci descritti da Bernachon che ho provato a riprodurre sono stati veramente eccellenti.

E’ anche opportuno dire che, lavorando il cioccolato, i risultati ottenuti da un pasticcere non di mestiere sono alterni. Nella pasticceria l’arte si sposa con la scienza, ma la lavorazione del cioccolato è veramente difficile, occorrendo esperienza e strumenti che spesso in casa non si hanno. Non ci si illuda di riprodurre facilmente certi dolci al cioccolato. Se li abbiamo scelti perché  «belli», potremmo subire qualche frustrazione tentando di riprodurli.

Un dolce che mi ha sempre dato grande soddisfazione è una torta che sembra fatta apposta per i melomani.

Si chiama L’Opéra.

E’ una torta a strati: tre dischi di pasta succes, una specie di morbida meringa alle mandorle, intervallati da strati di ganache al caffè e crema al burro aromatizzata con il caffè.

Questa è la ricetta.

Gli ingredienti per la pasta succes:

Sei chiare d’uovo

180 grammi di zucchero semolato

180 grammi di mandorle sgusciate

Una presa di sale fine

Un pizzico di farina

Una noce di burro

Si prenda della carta da forno e si ricavino tre dischi dal diametro di 22 cm. Imburrare e spolverare con la farina per facilitare il distacco dei dischi di pasta.

Si collochino su delle teglie metalliche.

Montare le chiare a neve ferma dopo avervi aggiunto il sale. Si mischino le mandorle macinate con lo zucchero e unire delicatamente alle chiare, mescolando dal basso verso l’alto.

Con un sac à poche, se si vogliono fare le cose come un pasticcere, stendere partendo dal centro l’impasto facendo una spirale. Io, invece, divido l’impasto sui tre dischi e lo livello con una spatola.

I dischi devono essere cotti nel forno a 250° per sette-otto minuti fino a che appariranno leggermente dorati. Devono rimanere morbidi. Guai se si essiccano.

Gli ingredienti per la crema al caffè:

40 gr di burro

Mezzo cucchiaio di caffè molto concentrato

30 cl di latte

Mezzo baccello di vaniglia

Due tuorli d’uovo

75 gr di zucchero

25 gr di farina

Una presa di sale fine

Lavorare i tuorli con lo zucchero e il sale fino a che il composto diventa spumoso e di un bel colore giallo chiaro brillante. Aggiungere la farina a pioggia con un setaccino.

Portare in ebollizione il latte con la stecca di vaniglia ed aggiungerlo bollente ai tuorli lavorati mescolando con un cucchiaio di legno. Mettere sul fuoco continuando a mescolare fino a che la crema sarà cotta.

Si faccia raffreddare la crema e si unisca il burro montato a temperatura ambiente. Aggiungere il caffè mescolando.

Gli ingredienti per la Ganache al caffè:

300 gr di cioccolato fondente al caffè, oppure 300 gr di cioccolato fondente e una bustina di caffè liofilizzato

300 gr di panna liquida

Si faccia bollire la panna per un minuto, togliere dal fuoco e si faccia sciogliere il cioccolato nella panna. Si lasci riposare per mezza giornata.

Ora si può comporre la torta.

Si stacchino delicatamente i dischi di pasta succes.

Il primo disco verrà ricoperto con metà della ganache ammorbidita, mescolandola, a bagnomaria.

Il secondo disco di pasta success verrà ricoperto di crema al burro. Infine, sul  terzo disco di pasta verrà versata la rimanente ganache. Le creme dovranno essere ben livellate.

Per terminare, si deve sciogliere a bagnomaria un etto di cioccolato fondente e con esso ricoprire la cima e il bordo della torta.

E’ finita.

Conviene tenere la torta L’Opéra  in frigorifero per almeno un giorno perché non deve capitare che gli strati, facendo le porzioni, si separino.

Dall’aspetto sembra una Torta Sacher ma, a differenza di questa, L’Opéra non stanca perché non è molto dolce. Direi che abbia un sapore molto virile.

Una delizia per gli amanti del cioccolato senza che sia necessario amare l’opera lirica o…la cucina francese.

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