L’ombra della Rocchetta (2)

La signora Boriani, pur essendo erede dei beni del Conte Mattei, non ne era parente in linea di sangue.
Avvenne che nel 1884, il nipote del Conte, Luigi Mattei, al quale erano affidate sia l’amministrazione del cospicuo patrimonio che l’azienda elettromiopatica, a causa di una gestione dissennata, rischiò di mandare in rovina lo zio illustre. Il meno che Mattei potesse fare fu diseredare il nipote. Tolto di mezzo il nipote, erede legittimario, il Conte adottò l’affidabile artefice della sua salvezza finanziaria, il collaboratore contabile Mario Venturoli. E così questi si chiamò Mario Venturoli-Mattei.
Ma il Conte non cessava mai di sorprendere. O in preda a foia senile, o per dimostrare l’efficacia dell’elettromiopatia sulla sessualità geriatrica, diventò padre ormai ottantenne, nel 1889, congiungendosi con la governante ventisettenne Maria Albina Bonaiuti, figlia del portiere della Rocchetta, soprannominata Agrippina dai più, mentre dal Conte era chiamata Trebisonda. Agrippina-Trebisonda aveva contratto un matrimonio solo religioso, non riconosciuto dal regno italiano, con un tal Angelo Cristalli da cui cinque anni prima ebbe un’altra bambina. La figlia naturale del Conte fu battezzata come Maria Bonaiuti.
Ciononostante, Mario Venturoli, quale figlio adottivo, nel testamento rimase erede universale, e il Conte pur riconoscendo Maria Bonaiuti come figlia naturale, si limitò ad esortare, dopo la propria morte, di trattarla bene.
Le cose di Mattei, già di per sé poco normali, si complicarono ulteriormente.
Mario Venturoli sposò una rumena Sofia Condescu, nel 1894; il Conte, diventato paranoico, sospettò che la donna gli avesse servito un caffè alla turca avvelenato. La coppia viene cacciata dalla Rocchetta e, soprattutto, diseredata.
Dopo la morte di Mattei, avvenuta nel 1896, Agrippina-Trebisonda rimase nella Rocchetta, continuando a produrre i rimedi elettromeopatici.
Nel 1904 Mario Venturoli-Mattei fu transattivamente reintegrato nel testamento e, riconoscendo a Maria Bonaiuti una buona rendita annua, il figlio adottivo ottenne metà dell’eredità in quanto l’altra metà, su cui gravavano diversi legati, andò al Ricovero di Mendicità Vittorio Emanuele II ed opere Pie annesse di Bologna. Venturoli-Mattei ereditò la Rocchetta, di cui terminò la costruzione, ed anche l’azienda elettromeopatica, che diresse personalmente, vietando la produzione dei farmaci all’Agrippina-Trebisonda. E nel 1906 seguendo le ultime volontà del Conte, Mario Venturoli-Mattei fece tumulare le spoglie del padre adottivo in un sarcofago in pietra, decorato con le ceramiche della celebre manifattura di ceramiche Minghetti, nella cappella privata della Rocchetta.
Sotto la direzione di Mario Venturoli-Mattei l’azienda si ampliò ulteriormente, costituita da un impero con ben duecentosessantasei depositi sparsi in tutto il mondo.
Nel 1937 Mario Venturoli-Mattei morì e la produzione elettromeopatica venne portata avanti dalla seconda moglie Giovanna Maria Longhi vedova Boriani, essendo rimasto vedovo, nel 1925, della rumena Sofia Condescu senza avere avuto figli. La Longhi, invece, aveva avuto una figlia dal precedente marito: Iris Boriani.
La mia Iris Boriani!
Con la seconda guerra mondiale iniziò il declino della Rocchetta. Giovanna Maria Longhi e la figlia Iris Boriani aiutarono due ebrei nascondendoli all’interno della Rocchetta. Iris fu condotta a Marzabotto per essere interrogata dalle SS. Queste vicende le causarono dei danni fisici permanenti, per cui le donne si trasferirono a Bologna in Strada Maggiore, portando con sé una parte degli arredi. E nella Rocchetta s’insediò il comando tedesco che, alla ritirata, saccheggiò, trafugò gioielli, quadri, tappezzerie e un’infinità di tappeti.
Nel frattempo, poco dopo la morte di Mario Venturoli-Mattei, dacché l’elettromiopatia fu la medicina alternativa più diffusa fino agli inizi del 1930, essa in Italia tramontò per via di nuove regole nella farmacopea e per il divieto di utilizzare la canapa. Venne meno l’originaria efficacia dei medicamenti perché le formulazioni dei farmaci subirono adeguamenti alle nuove normative e fors’anche perché il Conte nella tomba si era portato un segreto, un quid mancante negli appunti recanti le formulazioni dei preziosi medicinali. Un quid forse inesprimibile appieno. Un’energia incanalata dal cosmo nei farmaci? Una misteriosa energia vitale proveniente dalle piante?
Nell’anno 1956, dopo la morte di Giovanna Maria Longhi che consegnò alla figlia Iris la duplice eredità matteiana, la produzione elettromiopatica in Italia di lì a poco cessò senza essere più recuperata. L’elettromeopatia ora sopravvive, almeno nel nome, ma azzoppata nei principi fondatori e privata delle energie che le davano efficacia, lontano dall’Appennino Bolognese, in Germania e in India.
E la Rocchetta, dopo aver subito gravi ferite durante la Seconda Guerra Mondiale, rimase abbandonata alla crudeltà del tempo.
Iris Boriani tentò di sbarazzarsene donandola al Comune di Bologna, che rifiutò essendo ancora fortemente impegnato nella ricostruzione post bellica.
Finalmente si approdò al 1959, anno in cui la Rocchetta venne acquistata da Elena Sapori, moglie del Mercantone di Vergato e quindi al 1960 quando mio padre acquistò i mobili in stile Chippendale per casa nostra.
Fino a questo punto dovrebbe essere tutto.
È Piccola Storia.
Ed ora ha inizio una nuova piccola storia.

(Continua)

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