Il Tempo e le Anime (A mio padre e a mia madre) – (Parte trentatreesima)

Capitava che il babbo riprendesse la mamma su come fare le cose, specialmente quelle riguardanti l’attività del Mago: il tono era quello di chi vuole che si impari bene essendo scarso il tempo a disposizione, probabilmente aveva contezza di essere prossimo alla fine, a cui si aggiungeva l’autorità dell’anziano che fa prediche e che si deve fare così perché così è bene, senza discussioni. La mamma solitamente sottostava con la voce piccina piccina, un poco mortificata; talvolta non accettava l’osservazione per cui, rispondendo male a dispetto di ogni compromesso, nascevano alterchi tra la cucina e la sala da pranzo con improperi da parte del babbo che si concludevano quasi sempre, in modo più pacato e voce addolcita, con la stessa formula: «Bruna, quando ti chiedo di fare una cosa falla per bene; io ti insegno perché quando non ci sarò più…» Secondo le volontà del babbo, la mamma avrebbe dovuto, dopo di lui, mandare avanti la nostra famigliola, e pagarmi gli studi fino all’università, lavorando in casa proseguendo, almeno in parte, ciò che egli faceva; per questo le aveva insegnato a leggere le carte e a utilizzare pochi esorcismi, trascritti su di una rubrica, con i quali poteva togliere stregonerie alle donne di ogni età, ma agli uomini solamente fino ai dodici anni, aiutare malati e persone sfiduciate: «ora ti scrivo varie formule da me adoperate con pieno successo e tu continuerai la mia opera senza egoismo…per compenso prendi quello che ti danno, non chiedere». Appena vedova si sentì però inadeguata nell’affrontare d’acchito la nuova attività e, per qualche settimana, mandò via tutte le persone che suonavano alla porta per avere i servigi del babbo. Aveva paura di sbagliare e piangeva. Dopo l’acquisto della casa nuova, in banca non era però rimasto granché e giorno dopo giorno il libretto dei risparmi, senza entrate, smagriva; qualche soldo era dunque necessario. A risolvere il blocco emotivo verso il lavoro di Maga fu una signora che, presentatasi alla porta, scongiurò la mamma di aiutare la propria figlia ammalata. La commozione della signora ebbe ragione sulle titubanze: da quel momento la mamma non lasciò più la scrivania del Mago diventando, in poco tempo, una brillante occultista famosa in tutta la città per come leggeva le carte e per l’efficacia dei suoi esorcismi. Così non ci trovammo mai a corto di denaro, pur senza arricchirci, perché tutti, prima o poi, incappano in momenti di destino avverso, tutti incrociano invidia e cattiveria, per cui la gente necessita sempre d’aiuto, di qualcuno che sappia elargire del bene senza egoismo e avidità. Oltre a quello personale che aveva riparato, il Mago aveva lasciato alla mamma altri sette talismani insistendo sul fatto che uno di questi, il talismano del comando, il più importante e potente, sarebbe stata la sua dimora ultraterrena insieme a centuria di spiriti da lui guidati a disposizione della mamma per aiutarla con la loro potenza. Si manifestò grazie al talismano del comando anche la capacità, mai posseduta prima di allora, di colloquiare con il mondo ultraterreno attraverso contrazioni delle braccia per formare le lettere dell’alfabeto e quindi le parole; con il tempo, le frasi le venivano espresse direttamente nella mente a cui la mamma rispondeva con il pensiero o ad alta voce. Il babbo non abbandonò mai la donna amata insinuandosi anche nel suo sonno, nuovo luogo in cui la mamma poteva rivederlo. Lontana dalla finzione dell’esistenza diurna, il matrimonio improvvisamente interrotto si prolungava nelle ore veritiere della notte, consistenti quanto le diurne, con la stessa intensità di quando il babbo era in vita. La mamma gli apparteneva, in ogni istante, sia nell’anima che nel corpo. E poi accadeva che la mamma mi raccontasse i suoi sogni oppure ciò che il babbo le aveva sussurrato nella mente. Quasi ogni giorno, ricevevo messaggi dal babbo avendo così l’impressione che non fosse morto per davvero. Una volta, ero diventato un adolescente con un certo spirito critico, sbuffai: «Mamma, sogni mai in maniera normale? Dormire è diventato per te più faticoso di un lavoro…E anche il babbo che dice  fa’ questo, fa’ quest’altro anche da morto…» Non gradivo un granché questi messaggi dall’Aldilà. Mi sentivo scrutato, limitato nell’agire. Alla mamma montò la rabbia. Quella volta trattenne lo scapaccione che le frisse sulla mano solo perché riteneva che fossi ormai troppo grande. Si limitò a replicare bruscamente: «Al mî ragazzôl, caro il mio ragazzo, vedi di portare rispetto a tuo padre!», e se ne andò indispettita a dare acqua alle piante.

(Continua)

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