Un bel concerto di canto nel cortile di Palazzo d’Accursio

Ieri pomeriggio, chi avesse varcato il portone di palazzo d’Accursio, sede dal 1336 del governo della città di Bologna dal secolo XIV, lasciando il bailamme di piazza Maggiore, sarebbe entrato in un’oasi di pace creata dal piacevole concerto di brani lirici eseguiti congiuntamente dalla Corale Vincenzo Bellini di Budrio e dalla Corale Quadrivium di Medicina, diretti dalla maestra Paola Del Verme, con l’intervento del soprano Annalisa Monaco, del tenore Rocco D’Aurelio e del baritono Matteo Lorenzo Pietrapiana, accompagnati al pianoforte dal maestro Roberto Bonato.
La corale Vincenzo Bellini fu fondata nel 1911 e tra le sue fila cantarono tre voci gloriose del teatro in musica quali il basso Ferruccio Mazzoli, i baritoni Anselmo Colzani e Franco Bordoni. Nel 1930 il coro, nato per l’esecuzione del melodramma, partecipò alla stagione lirica del Teatro Sociale di Budrio che portò in scena due opere con stelle scaligere: Lucia di Lammermoor con Lina Pagliughi, Aureliano Pertile e Giuseppe Manacchini, e Mefistofele con Andrea Mongelli, Alessandro Granda, Maria Zamboni e Vera Smirnova, entrambe dirette da Franco Ghione.
Anche la corale Quadrivium, di più recente costituzione, ha eseguito in scena e integralmente, diverse opere quali Cavalleria Rusticana, Lucia di Lammermoor, Rigoletto, Il Barbiere di Siviglia e La Traviata, con solisti come Carlo Colombara, Fulvio Massa, Dave Monaco, Scilla Cristiano, Mimma Briganti, Claudia Marchi, Marzio Giossi e Filippo Giovagnorio.
Le due formazioni, ora dirette entrambe da Paola Del Verme, spesso collaborano non solamente per le opere ma anche per concerti di vario genere.
Il concerto aveva in programma un’antologia di brani lirici tratti da l’Elisir d’amore, dal Barbiere di Siviglia, dalla Forza del destino, dai Lombardi alla Prima Crociata, dal Mosè e dalla Traviata.
I cori hanno dimostrato una buona compattezza di suono e l’esecuzione, grazie a Paola Del Verme, è stata assai precisa. Ho trovato particolarmente apprezzabile l’esecuzione del difficoltoso Coro a bocca chiusa dalla Madama Butterfly.
Annalisa Monaco ha un’ottima voce che all’occorrenza bene si adatta sia alla spigliatezza dei personaggi brillanti che all’aplomb di quelli seri; per via di uno strumento ampio trovo che abbia figurato assai bene nei momenti di canto spianato.
Trovo che la voce squillantissima di Rocco D’Aurelio sia di grande qualità; la dizione è ottima e l’interprete ha grande comunicativa. Spero, tra non molto, di avere l’occasione di ascoltarlo nel ruolo di Rodolfo, della Boheme, che mi appare congeniale per la sua voce.
Entrambi sono allievi del baritono Fulvio Massa.
Matteo Lorenzo Pietrapiana è stato ottimo, un vero baritono dalla bella voce voluminosa ed estesa. Possiede un fraseggio chiarissimo e l’interprete ha un grande impatto sul pubblico, insomma un trascinatore. Ha tutte le qualità per fare una bella carriera teatrale.
È allievo del grande Carlo Colombara.
E bravo è stato al pianoforte il maestro Roberto Bonato.                    Abbondanti applausi da parte di un pubblico attento forse non tutto avvezzo all’opera.

 

Cinque Maggio: Messa da Requiem a Santa Maria dei Servi

La vita musicale nella Bologna dei Lumi era intensissima paragonabile a quella veneziana. La maggior parte di bolognesi questo non lo sa, nemmeno gli assidui frequentatori dei teatri. Recuperando bei libri usati, si apprende che Bologna arrivò, prima che spirasse il primo quarto di secolo del ’700, ad avere, incendi permettendo, quattro grandi teatri pubblici funzionanti per circa settantamila residenti entro le mura. Annotava l’impagabile Corrado Ricci nel 1888 «[…] I teatri pubblici nei secoli scorsi erano troppo poco in consueto alla passione dei Bolognesi per la musica e la commedia […] Nello spoglio fatto delle cronache manoscritte ho trovato ricordo di ben sessanta teatri privati, senza contare quelli ne’ conventi e nei collegi […]Anche ogni chiesa o frateria ebbe far cura di far eseguire abbondanti oratorii.» (Da I teatri di Bologna Nei secoli XVII e XVIII, ristampa anastatica di Forni Editore Bologna, Prefazione pag. XV). E ancora Lodovico Frati, fine e colto bibliotecario dell’Archiginnasio, scriveva a tal proposito: «[…] la passione per la musica e gli spettacoli non aveva tregua, si manifestava continuamente nelle sale pubbliche e nelle private, nelle Accademie, nei Collegi, nei monasteri e negli educandati, nei teatri e nelle chiese» (Da Il Settecento a Bologna, Remo Sandron Editore, 1923, pag.124).
E ieri sera, ascoltando la Messa da Requiem di Giuseppe Verdi presso la Basilica di Santa Maria dei Servi – situata quasi di fronte all’Accademia Filarmonica guidata anche dal Padre Giovanni Battista Martini, presso la quale Mozart si munì delle patente di maestro compositore – mi è venuto in mente il grande passato musicale bolognese, contento di essere lì non solo per questo ma anche, peraltro, per il ricordo di Alessandro Manzoni (2023, centocinquantenario della morte) nella giornata non casuale del Cinque Maggio.
In tempi in cui con il tanto si riesce a fare poco, cioè con le forze artistiche dei grandi teatri si arriva a risultati in certe occasioni men che modeste, ieri sera è avvenuto l’inverso: voglio dire che ho ascoltato un’ottima esecuzione, in generale, con un organico, nel coro e nell’orchestra, più ridotto rispetto a quello ordinario, a disposizione di un Ente lirico, ma non per questo meno efficace nel rendere la grandiosità del capolavoro verdiano, un po’ come se si fosse riprodotto con fedeltà il Giudizio Universale su un muro di minore estensione.
Il protagonista di questo grande affresco musicale è senza dubbio il coro: l’unione del coro della Cappella Musicale della Chiesa di Santa Maria dei Servi con la Corale Quadriclavio, diretto da Giovanna Facilla, è stata piuttosto felice, dimostrando un’ottima preparazione, relativamente allo scoglio musicale, per una compagine amatoriale, e un impasto autorevole. Il direttore Lorenzo Bizzarri ha efficacemente diretto l’orchestra rinforzata della Cappella con sicurezza, begli stacchi di tempo e un gran braccio.
Il basso Carlo Colombara, una celebrità, ultimo di una genealogia in estinzione che ha come capostipiti, ed esempio, i De Angelis, i Pasero, i Pinza, i Giaiotti, come sempre si è distinto per bel timbro, ampiezza sia di suono che di legato, e per bellissima dizione.
Il mezzosoprano Cristina Melis, altra celebrità, si è distinta per il suo colore, altra specie vocale quasi in estinzione, per sicurezza nel controllo del proprio strumento ed efficacia di interprete.
Il tenore Ugo Tarquini, dotato di notevoli mezzi naturali che in prospettiva saranno quelli da lirico spinto, è stato soddisfacente nonostante un legato e pronuncia a tratti carenti e che la voce, sostanzialmente emessa correttamente, presenti una certa gutturalitá.
Il soprano Elena Borin se da un lato è riuscita a venire a capo della parte solistica di maggiore responsabilità dimostrando buone intenzioni, dall’altro non ha evidenziato sonorità adeguate né intonazione impeccabile.
E il pubblico numeroso ha giustamente premiato, con entusiasmo, la bella esecuzione di un capolavoro senza tempo.

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