Una cretina al cenobio

Ieri sera 3 aprile sono andato al Cenobio di San Vittore con l’amico Fulvio Massa, baritono e ottimo insegnante di canto lirico, ad ascoltare lo Stabat Mater di Giovanni Battista Pergolesi, trascritto per pianoforte a quattro mani, violino e violoncello. Le trascrizioni di grandi opere orchestrali per pianoforte a quattro mani, per due pianoforti, magari con l’aggiunta di qualche altro strumento, mi piacciono assai. Il molteplice movente di questa andata sui i colli bolognesi, oltre all’implicito ascolto della musica, è stato la presenza tra gli interpreti vocali del contralto Marcella Ventura, allieva del maestro Fulvio Massa, unito al piacere di potere godere della bellezza del luogo che ospitava l’esecuzione.
È stata un’esecuzione apprezzabile grazie alle belle voci del soprano Mariana Valdés e di Marcella Ventura, vero contralto, e di tutte le altre musiciste che formavano un affiatato insieme, cioè di Silvia Mandolini, primo violino del Teatro Comunale, di Franca Bruni, storico primo violoncello sempre del Teatro Comunale, di Cristina Belotti e Wally Matteuzzi, le cui mani hanno condiviso la tastiera del pianoforte. L’esecuzione si è conclusa con un caloroso successo da teatro, a dispetto del richiamo da parte del presentatore alla spiritualità di quella musica,   spiritualità  tutta da discutere, in quanto essa possiede innanzitutto un gesto esteriore che allude allo spirito senza esserne la causa. Fin qui tutto bene.L’accesso al Cenobio è stato degno di un atto breve scritto da Eugène Ionesco.
Ci si doveva mettere in fila per avere l’indicazione dei posti prenotati davanti a un tavolino tenuto da una signora che aveva un elenco coi nomi. Accanto a lei, un signore dai capelli bianchi invitava con la grazia di un birocciaio, uno scarriolante, a infilare un’offerta in una scatola di plexiglas destinata ai restauri del complesso monumentale. E arriva il nostro turno dicendole, per ottenere i posti i nostri cognomi: Massa e Conti.
La signora bionda scartabella i fogli. No, nessuna prenotazione a questi cognomi.
Allora l’amico Massa, lievemente innervosito, «Ma come! Non può essere! Allora saranno a nome di Marcella Ventura.»
No. Nessuna prenotazione. E la signora sembrava volere chiudere lì la partita.
Io stavo con l’offerta in mano che avrei lasciato solo in cambio dell’entrata nel Cenobio.
La signora parlava con un accento lievemente straniero, forse anglosassone.
Presa da zelo scrupoloso, guardando meglio, dice dubbiosamente che due posti erano prenotati a nome Marcella Ventura. E l’amico Massa innervosito:
«Sì, sono appunto questi», ma il tono sottintendeva una prosecuzione con «brutta cretina!»
Allora la cretina ci ha risposto che, leggendo il nome Marcella Ventura, non aveva pensato che i posti fossero destinati a due uomini! E ha spiegato meglio, per scusarsi: terminando i due nomi con la ‘a’, i posti non potevano essere per due signori.
La cretina comunica che i posti sono dietro all’altare e Massa prende il volo verso la scala d’entrata con il colore di nube temporalesca.
Io rimango lì davanti al tavolo, infilo l’offerta nella scatola di plexiglas, e spiego pazientemente alla signora cretina che ‘Marcella Ventura’, tutt’insieme, erano il nome e il cognome della cantante che aveva fatto il favore di prenotarci i posti, che non tutti i nomi e i cognomi terminanti per ‘a’ sono appannaggio delle signore e che ‘Ventura’ è un cognome da queste parti abbastanza diffuso.
Giuro che ho raccontato un fatto realmente accaduto.

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