Domenico Donzelli: un grande tenore a Bologna

Domenico Donzelli nasce il 2 febbraio 1790 a Bergamo, città natale di molti illustri musicisti e cantanti, ma i genitori , Antonio Donzelli e Maria Siboldi, non sono dell’ambiente musicale e la sua passione al canto sarà del tutto naturale, addirittura ostacolata dal vicinato dal momento che fin da bambino è solito cantare ad ogni ora del giorno e della notte di tutto dalle canzoni popolari ai canti religiosi ascoltati in chiesa. Proprio un suo vicino, forse non potendone più, lo porta a lezione con lui dal suo maestro. Velocemente dimostra le sue qualità, partecipa anche alle lezioni caritatevoli tenute al Liceo Musicale di Bergamo istituito da Simone Mayr e per pagarsi le lezioni canta dovunque in chiesa e come corista al Teatro Riccardi. Nella Stagione di Carnevale del 1809 fu “supplemento” al tenore nell’opera di Stefano Pavesi Ippolita regina delle Amazzoni.

Nello stesso anno si trasferisce a Napoli forse per studiare al Conservatorio, ma non viene accettato probabilmente per l’età o forse, più verosimilmente perché già in carriera e qui si perfeziona con due importanti maestri Giuseppe Viganoni e Gaetano Crivelli e sempre nel 1809 interpreta la parte del pastore al Teatro dei Fiorentini nella Nina pazza per amore di Giovanni Paisiello, ottenendo grandi consensi. Durante il soggiorno napoletano la sua fama cresce enormemente e lo porta a cantare in numerosi teatri italiani. Nel 1815 arriva a Bologna per cantare come protagonista in Castore e Polluce di Felice Radicati al Teatro del Corso, teatro edificato da soli dieci anni, ma che contende al Comunale gli allestimenti più importanti. E’ sicuramente in questa occasione che conosce Gioacchino Rossini e nasce tra loro una profonda amicizia che durerà tutta la vita, amicizia umana, ma anche professionale che farà si che Domenico non solo interpreterà tante opere del compositore pesarese, ma da lui riceverà preziosi consigli e suggerimenti. Nel 1816 interpreta Aureliano in Palmira di Rossini in diverse città, molto importante è la tappa di Senigallia perché nel balletto Alceste di Giovanni Fabris, intermezzo all’opera, si esibisce come ballerina Antonia Dupin, figlia di un famoso ballerino e coreografo Luigi Dupin. È una giovane ballerina di 21 anni ma già affermata e famosa e tra lei e Domenico nasce un sentimento profondo che li porterà a sposarsi nel 1819, a Palermo dove il nostro tenore canta al Teatro Carolino.

Antonia Dupin

Per diversi anni si esibiranno il più possibile insieme in numerosi teatri come a Cremona nel 1820 quando Donzelli interpreta Edoardo e Cristina e Antonia, che ha aggiunto al suo anche il cognome Donzelli, è prima ballerina nei balletti Pietro il Grande all’ingresso di Mosca, e Dusmanich sempre intermezzo all’opera. Da notare anche la presenza, tra le ballerine di Celestina Dupin sorella di Antonia.

Ormai instancabile Donzelli si sposta da un teatro all’altro raccogliendo successi, a Roma inaugura la stagione del Teatro Argentina e poi interpreta la Zoraida di Granada scritta da Gaetano Donizetti appositamente per le sue corde, e anche con il compositore bergamasco instaura una forte amicizia e un lungo sodalizio che lo porterà a realizzare le prime di numerose sue opere. Riscuote sempre più successo con i ruoli rossiniani: La donna del Lago, Otello, Cenerentola, il Viaggio a Reims, ma è ricercato anche dagli altri compositori e impresari, si sposta a Milano, Vienna e Parigi e la sua grande capacità è quella di spaziare in tanti ruoli, con una voce sempre prestante e duttile alle necessità del personaggio interpretato. Il 1831 è un anno cruciale, innanzi tutto perché interpreta ,al Teatro alla Scala di Milano, la parte di Pollione nella Norma di Vincenzo Bellini, ruolo che, più di ogni altro si lega ancora oggi al suo nome, ma anche perché matura sempre più l’idea di trasferirsi a Bologna e acquista il bellissimo Palazzo in strada Maggiore già abitato da Antonio Aldini (il contratto è firmato il 10 gennaio 1832) dove si trasferisce con la famiglia. Poche sono le modifiche che apporta al Palazzo, del resto già meravigliosamente affrescato da Antonio Basoli, Vincenzo Martinelli e Pelagio Pelagi, mi piace ricordare le iniziali DD inserite nella ringhiera del balcone.

Gli anni ‘30 rappresentano l’apice della fama di Domenico ormai conteso dai teatri italiani ed europei, viene immortalato anche in alcuni ritratti tra cui spicca quello del 1833 dipinto a Londra da suo cognato Pietro Luchini. Il pittore, bergamasco anche lui, dopo aver studiato all’Accademia di Carrara e frequentato lo studio di Gerard a Parigi sposa Celestina Dupin, sorella di Antonia, anch’essa ballerina e si dedica a ritrarre musicisti e cantanti. Notevoli, oltre ai ritratti di Donzelli quelli di Bellini e del tenore Giambattista Rubini. Per lunghi periodi anche Pietro Luchini con la moglie abitano nel Palazzo di Strada Maggiore.

Pietro Luchini , Ritratto di Domenico Donzelli (1833 ca.)

Negli stessi anni Donzelli canta spesso a Bologna in varie occasioni, come la sera del 4 ottobre 1834 quando le festività del santo patrono si concludono con una recita di Norma, a fianco di Giuditta Pasta al Teatro Comunale. Durante la sinfonia una forte scossa di terremoto spaventa tutto il pubblico, ma Domenico tranquillizza spettatori e musicisti e la recita riprende fino alla conclusione. Nel 1839, inizia a soffrire di gotta, ma è ancora in piena forma vocale e interpreta il ruolo del protagonista nella prima rappresentazione del Bravo di Mercadante al Teatro alla scala di Milano con grande successo. Con gli anni ’40 cominciano i primi segni di declino della sua voce , Donizetti scrive scherzando su di lui: ” colto dall’età, la gamba si gonfiò, la gola accatarrò e nel canto si arrestò…. “ e il nostro tenore comincia a diradare i suoi impegni e a risiedere sempre di più a Bologna attorniato dalla sua famiglia: ha quattro figli Achille, che ha abbracciato anche lui la carriera lirica come baritono, Rosmunda , anche lei cantante di fama, Erminia che sposa un ingegnere – possidente di Monzuno e Ulisse, figlioccio di Rossini, che si avvia ad una buona carriera di musicista, pianista e docente del Conservatorio. Frequenta il mondo culturale bolognese e i salotti più esclusivi e raffinati come quello della contessa Maria Malvezzi Hercolani, a pochi passi da casa. È proprio a Palazzo Hercolani, che nel 1845 canta nello Stabat Mater che Rossini ha riadattato per essere eseguito solo da pianoforte e strumenti ad arco.

Una pagina dell’album di Maria Malvezzi con la dedica di Donzelli

Il suo rapporto di amicizia con Rossini si fa sempre più stretto e il compositore è spesso ospite nel palazzo di Domenico sia quando è in crisi con la Colbran sia quando è sofferente per la morte dei genitori e non se la sente di abitare nel suo palazzo, poco distante. Nel 1846 Rossini si risposa con Olimpia Pelissier nella cappella di Villa Banzi in via Murri, (oggi la portineria dell’ Istituto San Giuseppe) Domenico è il suo testimone e dopo le nozze gli sposi si trasferiscono a vivere nel suo palazzo.

La Cappella di Villa Banzi in una foto dei primi del ‘900

Ed è proprio sul balcone di casa che entrambi si affacciano, nell’aprile del 1848, per guardare il passaggio dei volontari che passano da strada Maggiore per unirsi a Carlo Alberto che sta combattendo la I Guerra d’Indipendenza contro l’Austria. Alcuni di loro riconoscono Rossini e si fermano per omaggiarlo, ma qualche esagitato, considerandolo troppo reazionario lo fischia e lo insulta. Rossini amareggiato profondamente scapperà l’indomani a Firenze e da quel momento il rapporto con Bologna sarà compromesso per sempre. Grazie all’intercessione di Ugo Bassi che afferma che “chi ha scritto il Guglielmo Tell non può essere tacciato di scarso amor patrio” invierà la musica per l’Inno a Pio IX che viene eseguito , in piazza Maggiore, sempre nel 1848, in occasione del secondo anno di pontificato, proprio da Donzelli assieme a Nicola Ivanoff, altro pupillo del compositore. Anche se è ormai lontano dalle scene Donzelli si esibisce occasionalmente a Bologna come nel 1847 cantando nel Tantum ergo composto da Rossini in occasione della riapertura al culto della Chiesa di San Francesco, nel 1857 canta nella basilica di San Petronio per il decimo anniversario dell’incoronazione di Pio IX, alla presenza dello stesso Pontefice e addirittura nel 1861, a 70 anni canta un’Ave Maria di Masseangeli in San Bartolomeo “riscuotendo con la sua voce ancora potente l’ammirazione ed il plauso generale”.

Pietro Luchini, Ritratto di Domenico Donzelli (1850 ca.)

Domenico muore il 31 marzo 1873 ed è sepolto alla Certosa nella Galleria a tre navate assieme alla moglie Antonia che lo segue pochi mesi dopo il 4 ottobre, ai figli Achille e Ulisse e ai nipoti, figli di quest’ultimo. Nel 1876 il palazzo viene venduto alla famiglia Sanguinetti, ma Luchini e la moglie abitano ancora li, almeno fino a tutto il 1877 quando anche Celestina muore.

Angela Lorenzoni

Domenico Donzelli per un giorno a casa sua

Il bel Museo della Musica di Bologna è racchiuso nel cinquecentesco, magnifico, Palazzo Sanguinetti, ultima famiglia a cui esso appartenne, a metà di Strada Maggiore.

Palazzo Sanguinetti

La famiglia Sanguinetti, acquistò questo edificio nel 1870 dal famoso tenore Domenico Donzelli, conteso dai più celebri operisti della prima metà dell’800 quali Rossini, Bellini e Donizetti, e dagli impresari dei maggiori teatri europei fra cui Domenico Barbaja del Real Teatro di San Carlo a Napoli, ancora in quegli anni il miglior teatro europeo. Il tenore fece inserire nella ringhiera metallica del balconcino che si affaccia sulla strada le proprie iniziali, DD.

La ringhiera del balcone con le iniziali di Domenico Donzelli

Nulla di nuovo sotto questo cielo, ora e in ogni altra epoca, quanto a egocentrico divismo tenorile. Donzelli era bergamasco ma finì la sua vita a Bologna; nella sua lussuosa casa fu ospitato Rossini, nonostante che questi possedesse una grande dimora nella stessa strada a poche centinaia di metri, per via dei dissapori con la moglie Isabella Colbran dalla quale il musicista divorziò. Le spoglie del tenore  giacciono in Certosa in una tomba a pozzetto nella suggestiva Galleria delle Tre Navate, ove si trovano, poco più lontano, anche le spoglie del contralto Geltrude Righetti Giorgi, creatrice del ruolo di Rosina nel rossiniano Barbiere di Siviglia. Gli eredi del tenore, a corto di denaro, vendettero il palazzo e probabilmente dispersero, come spesso avviene, gli arredi; è quindi possibile che i cimeli donzelliani abbiano trasmigrato nelle abitazioni di collezionisti  bolognesi d’antichità senza avere contezza del precedente proprietario.

Il trompe-l’œil del cortile di Palazzo Sanguinetti

Venendo ad anni, recenti l’amica Angela Lorenzoni, storica e anche melomane, insieme al marito Carlo si sono imbattuti in un ritratto a olio di bella fattura ritraente un elegante soggetto maschile; Angela, guidata dal sesto senso, intuì che quell’azzimato signore poteva essere non un semplice facoltoso, ma un notabile e, dopo meticolose ricerche, riuscì a stabilire che quello era il ritratto di Domenico Donzelli probabilmente per il pennello dell’ottimo, nonché cognato, Pietro Luchini. Angela e Carlo passarono quindi all’acquisto del cimelio. La fortuna ha assistito i miei amici poiché nel mercato dell’antiquariato di Via Santo Stefano si sono imbattuti in altri oggetti provenienti da Palazzo Sanguinetti: bozzetti a colori di costumi teatrali e stampe in bianco e nero tutti aventi come soggetto Domenico Donzelli.

Bozzetti per costumi di Domenico Donzelli

Ma il caso forse non lavora a vanvera. È venuto fuori che il tenore Rocco D’Aurelio, allievo del maestro Fulvio Massa, si è laureato presso l’Alma Mater con una tesi su Domenico Donzelli. Messi in contatto, Rocco e Angela hanno progettato, con il contributo del maestro Fulvio Massa per la parte vocale e musicale, una conferenza-concerto nell’ambito della Festa Internazionale della Storia da tenersi proprio nella casa del grande tenore, in occasione del centocinquantesimo anniversario della morte, davanti al suo ritratto e ai bozzetti dei costumi di scena. Il titolo dell’avvenimento? Ovviamente Domenico torna a casa.Il ricordo di Domenico Donzelli, programmato per il 27 ottobre 2023, è stato molto piacevole. Angela Lorenzoni ha dapprima effettuato, con la competenza di storica, una bella e piacevole panoramica non solo sulla vita di Donzelli, ma anche sul pittore Luchini, su Palazzo Sanguinetti, su l’ospite Rossini, sulla vita musicale bolognese. Rocco D’Aurelio ha ricostruito, brillantemente e diffusamente, sulla base dei documenti, la vocalità e l’arte dell’antico divo mettendo in evidenza che egli incarnò il primo tenore moderno essendo stata, tra le voci liriche, la corda che ha avuto l’evoluzione più tarda per diventare come attualmente conosciamo e ci piace ascoltare. Tra i ruoli  creati da Donzelli ricordiamo quelli di opere liriche ripescate in epoca moderna dall’oblio come Torvaldo in Torvaldo e Dorliska, il Cavalier Belfiore ne Il viaggio a Reims entrambe di Gioachino Rossini; Don Alfonso in Caritea, regina di Spagna, Claudio in Elisa e Claudio, Carlo ne Il Bravo di Mercadante, tutti melodrammi di Saverio Mercadante; Almuzir in Zoraida di Granata, il ruolo eponimo in Ugo, Conte di Parigi composte da Gaetano Donizetti. Il ruolo creato da Domenico Donzelli per cui il suo nome è passato alla posterità senz’altro è quello di Pollione nella Norma di Vincenzo Bellini, gigantesco capolavoro mai scomparso dalle scene, stretto insieme a Giuditta Pasta nel clamoroso, poco lungimirante, fiasco decretato dal pubblico della Scala. La conferenza è stata arricchita dai seguenti brani musicali del repertorio di Donzelli interpretati dal tenore Rocco D’Aurelio e dal soprano Ilenia Lucci, accompagnati al pianoforte da maestro Marco Cavazza:

Aria di Carlo, Tranquillo, beato, d’un’alma, d’un core Cavatina Teodora, Tu che d’un guardo penetri

Da La casa nel bosco di Louis Niedermeyer: Duetto, Idolo mio

Dall’Esule di Roma di Gaetano Donizetti: Aria di Settimio: Io quel di rammento ancor.

Rocco D’Aurelio
Ilenia Lucci

Dopo averne magnificato le qualità, Rocco D’Aurelio ha avuto la responsabilità di sostenere il confronto con il cantante leggendario da lui ricreato durante la conferenza. Il giovane tenore non ha deluso cantando con bella voce scura, timbrata acuti squillanti e qualche zampata da vero interprete. Nel melodramma ottocentesco il tenore e il soprano hanno sulle spalle in buona parte la responsabilità della riuscita dello spettacolo; sono corde vocali indissolubilmente legate: se c’è il soprano prima o poi spunterà il tenore, o viceversa. Il soprano Ilenia Lucci con un affascinante timbro ambrato, da vero soprano lirico, ha quindi ben figurato con intensità nella Cavatina di Teodora e nel piacevole duetto del francese Niedermeyer. Ottimo l’accompagnamento pianistico di Marco Cavazza.

Ilenia Lucci e Rocco D’Aurelio
Marco Cavazza

E il pubblico ha manifestato un sincero gradimento per questa particolare conferenza-concerto.

Marco Cavazza, Fulvio Massa, Rocco D’Aurelio, Ilenia Lucci, Angela Lorenzoni

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