Non mi appassiona il pensiero che per fare belle cose nella vita come nell’arte sia necessario lo scorrere di un po’ di tempo per raggiungere quella cosa stufosa che è la maturità… parola che mi stanca prima d’aver terminato di scriverla. La maturità senza quel quid, quella cosa indefinibile a parole ma percepibile distintamente attraverso un messaggio o prove quasi subliminali, il cosiddetto talento e che nei Grandi Artisti è grande inventiva, originalità, individualità e anche fuoco. Certo, il tempo è necessario per acquisire e affinare gli strumenti, ma poi un vero artista, per essere tale, per diventare un grande, dovrà disimbrigliare il talento dal resto. Nell’ambito della musica senza un’ottima tecnica non si fa nulla, essa è la condizione necessaria per diventare un buon artista ma non sufficiente per essere un Grande Artista; nel primo caso il tempo e la maturità saranno un grande ausilio, nel secondo caso il Grande Artista avrà dentro a sé una sorta di predestinazione, il talento appunto, che lo renderanno grande da subito, anzi il tempo e la maturità potranno, eventualmente, intorpidire l’iniziale esplosione. Diciamo che il buon artista è un compilatore mentre il Grande Artista trova nella giovinezza la forza del creatore. Mi piace pensare a Maria Callas che a venticinque anni era gigantesca e a trentadue aveva preso la strada del declino. E sono straordinariamente felice allorché vedo la grandezza strettamente avvinghiata alla giovane età.
Questo preambolo per dire che nel concerto sinfonico dell’orchestra del Teatro Comunale all’Auditorium Manzoni di sabato 6 maggio si sono incontrati due talenti di particolare forza: il violoncellista Ettore Pagano e il direttore Lorenzo Passerini, che facevano cinquantuno anni in due.
Ettore Pagano ha solo venti anni e ha vinto più di quaranta concorsi nazionali e internazionali!
Tag: Teatro Comunale di Bologna
Dayner Tafur-Díaz: promessa che è gia realtà
Dayner Tafur-Díaz è un direttore peruviano piccolo d’età, appena ventiquattro anni, come minuto nel corpo, che sul podio diventa un magnetico gigante, un napoleone della bacchetta.
Il concerto di ieri sera 28 aprile all’Auditorium Manzoni eseguito dall’orchestra del Teatro Comunale di Bologna così si componeva: Decisamente allegro, ouverture da concerto di Nicola Campogrande, il Primo Concerto in fa diesis minore per pianoforte e orchestra di Sergei Rachmaninov e la Seconda Sinfonia in re maggiore di Jean Sibelius.
Commissionato da Riccardo Chailly, di cui è stato anche il primo interprete a Milano nel 2022 in Piazza del Duomo, il brano di Campogrande è musica assai piacevole consapevolmente composta in un rassicurante ambito tonale, dalla bella orchestrazione, lontana da pretese di qualsiasi sperimentazione, di pseudo avanguardismo o da stancante intellettualismo. Evviva! È musica assoluta per grande orchestra il cui titolo ne esprime sia il programma che l’agogica, da cui fanno capolino le colonne sonore di grandi film, destinata ad avere un favorevole impatto sul pubblico, come è avvenuto ieri sera.
Il concerto di Rachmaninov del 1890-91 è opera di un musicista diciannovenne, fu rivisto dal compositore nel 1917. Risulta manifesto il pensiero al concerto per pianoforte e orchestra di Grieg pur non avendo di questo la felicità melodica; ben orchestrato, la parte solistica necessita di un virtuoso ma non ha le peculiarità delle opere pianistiche successive del compositore russo.
Grande musica è quella di Sibelius, nonostante che compositore non goda alle nostre latitudini di grande popolarità e nemmeno di grande favore presso una certa critica che in essa non trova le inquietudini anticipatrici della dodecafonia e dell’avanguardismo. È musica assolutamente originale svincolata dalla necessità di avere un programma che la ispiri, svincolata da modelli precedenti, denotata da una bellezza melodica di ampio respiro.
Il pianista Nikolay Khozyainov, pur rimanendo nell’ambito di una generale adeguatezza, non mi ha particolarmente colpito né come interprete né per capacità tecniche. Il suono non mi è parso di gran fascino e l’esecuzione, con qualche inciampo, è risultata un poco grigia non solo nel concerto di Rachmaninov ma anche nei bis. Il pubblico ha comunque gradito l’esibizione del pianista russo.