Argerich, quasi senza accorgemene – Concerto all’Auditorium Manzoni

Il concerto che si è tenuto ieri sera all’Auditorium Manzoni per il ciclo Bologna Festival aveva come principale richiamo la grande Martha Argerich, ma il programma, anzi programmone, che qui riporto, e la presenza della Peace orchestra Project diretta da Ricardo Castro erano già di per sé interessanti:
Nicola Campogrande: Sinfonia n.2 «Un mondo nuovo», Alexandra Achillea Pouta mezzosoprano
Ludwig van Beethoven: Concerto n.1 in do maggiore op.15, Martha Argerich pianoforte
Dmitrij Šostakovič: Concerto n.2 in fa maggiore op.102, Federico Gad Crema pianoforte
Igor Stravinskij: L’uccello di fuoco, suite dal balletto op.20 (versione 1919).
Conviene descrivere preliminarmente il clima della lunga serata, che è iniziata con un ritardo del quarto d’ora accademico. Il palcoscenico si è riempito pochi minuti prima dell’inizio e quindi l’accordatura degli strumenti non è avvenuta dopo il consueto riscaldamento cacofonico dinanzi al pubblico. E questo, all’entrata dei primi musicisti, ha applaudito con entusiasmo fino a che l’ultimo orchestrale non si è seduto. Era un pubblico nuovo, eterogeneo, informale, pieno di entusiasmo, probabilmente attirato dalla grande argentina.
Per i brani eseguiti, spendo qualche parola solo sulla Sinfonia n.2 «Nuovo Mondo» di Nicola Campogrande, essendo musica per me ’nuova’. Riporto le parole del compositore: «volevo provare a dare una risposta musicale all’angoscia che attraversa in questi mesi il nostro continente e che sembra mettere a rischio la civiltà millenaria che abbiamo prodotto, custodito e rinnovato per secoli». Questa sinfonia su completata nel 2022, anno culmine in cui si sono sommate diverse angosce. È musica sì moderna ma al di là dell’avanguardia, è scritta per il pubblico e non per un ostico esercizio intellettuale, è musica del nostro tempo ma ho sentito echi di Ravel, Gershwin, Respighi e Bernstein. È musica molto piacevole che, spero, possa frequentemente comparire nel repertorio delle orchestre.
L’orchestra Peace orchestra Project – formata da giovani musicisti tra i diciotto e i venticinque anni provenienti dall’Orchestra Giovanile Italiana e dalla brasiliana Neojiba Orchestra, e ‘progettata’ dallo stesso Federico Gad Crema, giovane pianista milanese – mi è parsa, alla fine, il motivo di maggiore interesse; i due pianisti sono stati a servizio di questa orchestra dal bel suono scattante, lucente, esuberante, virtuosa sia nell’insieme che nelle parti solistiche, ideale per il repertorio novecentesco. Le esecuzioni della Sinfonia, del concerto di Dmitrij Šostakovič e della suite dall’ Uccello di fuoco sono state, quindi, bellissime.
Di Martha Argerich ho apprezzato una bella, precisa, esecuzione dal carattere lirico e nobile del concerto beethoveniano ma, tutto sommato, un poco impersonale. Inoltre non c’è stata un’intesa con il direttore, il quale ha seguito una visione assai estroversa, con frequenti esplosioni sonore e fraseggi secchi, a fronte dell’intimismo della solista. Al termine del concerto ovazioni forse eccessive e pure la Argerich se ne sarà piacevolmente stupita (avrà detto tra sé: «Chissà che cosa sarebbe successo se avessi suonato il Primo di Čajkovskij oppure il Terzo di Prokofiev…»).
Assai bravo Federico Gad Crema che ha esibito un pianismo agile ed è stato meglio accompagnato dall’esuberante direttore; molto apprezzabile è stata la resa del secondo movimento dal lirismo chopiniano.
Bella e sonora la voce del mezzosoprano Alexandra Achillea Pouta, forse in realtà soprano, nella sinfonia di Campogrande.
Ricardo Castro è senz’altro un ottimo direttore, però le sonorità nei due concerti, avendo a disposizione dei grandi solisti, avrebbero dovuto essere meno fragorose. Era previsto un bis orchestrale: l’ouverture dal Candide di Bernstein eseguita con grande estroversione e quantità di suono pari a quella della Sinfonia dei Mille di Mahler.

Un bel concerto di canto nel cortile di Palazzo d’Accursio

Ieri pomeriggio, chi avesse varcato il portone di palazzo d’Accursio, sede dal 1336 del governo della città di Bologna dal secolo XIV, lasciando il bailamme di piazza Maggiore, sarebbe entrato in un’oasi di pace creata dal piacevole concerto di brani lirici eseguiti congiuntamente dalla Corale Vincenzo Bellini di Budrio e dalla Corale Quadrivium di Medicina, diretti dalla maestra Paola Del Verme, con l’intervento del soprano Annalisa Monaco, del tenore Rocco D’Aurelio e del baritono Matteo Lorenzo Pietrapiana, accompagnati al pianoforte dal maestro Roberto Bonato.
La corale Vincenzo Bellini fu fondata nel 1911 e tra le sue fila cantarono tre voci gloriose del teatro in musica quali il basso Ferruccio Mazzoli, i baritoni Anselmo Colzani e Franco Bordoni. Nel 1930 il coro, nato per l’esecuzione del melodramma, partecipò alla stagione lirica del Teatro Sociale di Budrio che portò in scena due opere con stelle scaligere: Lucia di Lammermoor con Lina Pagliughi, Aureliano Pertile e Giuseppe Manacchini, e Mefistofele con Andrea Mongelli, Alessandro Granda, Maria Zamboni e Vera Smirnova, entrambe dirette da Franco Ghione.
Anche la corale Quadrivium, di più recente costituzione, ha eseguito in scena e integralmente, diverse opere quali Cavalleria Rusticana, Lucia di Lammermoor, Rigoletto, Il Barbiere di Siviglia e La Traviata, con solisti come Carlo Colombara, Fulvio Massa, Dave Monaco, Scilla Cristiano, Mimma Briganti, Claudia Marchi, Marzio Giossi e Filippo Giovagnorio.
Le due formazioni, ora dirette entrambe da Paola Del Verme, spesso collaborano non solamente per le opere ma anche per concerti di vario genere.
Il concerto aveva in programma un’antologia di brani lirici tratti da l’Elisir d’amore, dal Barbiere di Siviglia, dalla Forza del destino, dai Lombardi alla Prima Crociata, dal Mosè e dalla Traviata.
I cori hanno dimostrato una buona compattezza di suono e l’esecuzione, grazie a Paola Del Verme, è stata assai precisa. Ho trovato particolarmente apprezzabile l’esecuzione del difficoltoso Coro a bocca chiusa dalla Madama Butterfly.
Annalisa Monaco ha un’ottima voce che all’occorrenza bene si adatta sia alla spigliatezza dei personaggi brillanti che all’aplomb di quelli seri; per via di uno strumento ampio trovo che abbia figurato assai bene nei momenti di canto spianato.
Trovo che la voce squillantissima di Rocco D’Aurelio sia di grande qualità; la dizione è ottima e l’interprete ha grande comunicativa. Spero, tra non molto, di avere l’occasione di ascoltarlo nel ruolo di Rodolfo, della Boheme, che mi appare congeniale per la sua voce.
Entrambi sono allievi del baritono Fulvio Massa.
Matteo Lorenzo Pietrapiana è stato ottimo, un vero baritono dalla bella voce voluminosa ed estesa. Possiede un fraseggio chiarissimo e l’interprete ha un grande impatto sul pubblico, insomma un trascinatore. Ha tutte le qualità per fare una bella carriera teatrale.
È allievo del grande Carlo Colombara.
E bravo è stato al pianoforte il maestro Roberto Bonato.                    Abbondanti applausi da parte di un pubblico attento forse non tutto avvezzo all’opera.

 

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